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Prometeo, dal mito al disegno

Cristiano Quagliozzi “Prometeo - Creazione dell'uomo”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 42 x 30. 864 euro
Cristiano Quagliozzi “Prometeo – Creazione dell’uomo”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 42 x 30

La figura del titano Prometeo, è stata immaginata e concretizzata in una serie di cinque disegni dopo una lunga analisi del mito. Il mito è stato interpretato come la rappresentazione del punto di distacco dell’essere umano dalla sua condizione animale, attraverso la presa di coscienza di sé. L’autoconsapevolezza attraverso cui gli umani si emancipano dal dominio totalizzante alla natura, li costringe proprio per questo a una diversa condizione di subordinazione agli eventi. Ho scorto che l’intelligenza, in questo mito, non è intesa come condizione di libertà, ma come mezzo necessario alla sopravvivenza.
Interessante, nel mito del titano Prometeo (derivazione dal nome “colui che pensa prima”…di agire), è che esso si pone sempre come punto di contatto tra gli stadi più determinanti del racconto mitico come personaggio chiave, così come nella guerra tra gli dei e titani, aiutò Zeus a vincere, divenendo amico degli dei, i quali per ringraziarlo del suo aiuto, gli diedero l’onore di plasmare le creature viventi – quindi mortali – con acqua e fango, dandogli vita con il fuoco sacro.
Gli dei affidarono a Prometeo le qualità da conferire agli esseri viventi, il quale fu assistito dal fratello Epimeteo (tradotto: colui che agisce sbadatamente prima di riflettere) per assolvere questo compito. Quest’ultimo distribuì, con troppa generosità, agli animali difese naturali e attributi che facilitano la capacità di ambientarsi e di procurarsi il cibo, lasciando per ultimi gli esseri umani, una volta giunto ai quali, non ebbe più alcuna risorsa.
Quello che trovo interessante è come il mito greco veda l’evoluzione dell’essere umano come una svista, da parte di una divinità sbadata, con pieghe quasi umoristiche. In suo aiuto è già indispensabile che ci sia un’entità esterna che commetta una frode, qualcosa che vada contro le regole.
La leggenda narra infatti che fu Prometeo stesso a prendersi la responsabilità di questa infrazione, rivelandosi da subito un vero e proprio paladino del genere umano: essendo spinto dalla pietà per gli uomini a risolvere questo grave problema che non gli avrebbe garantito alcuna possibilità di sopravvivenza, rubò ad Atena (dea greca della sapienza, delle arti liberali e militari) lo scrigno dell’intelligenza e della tecnica, perché gli umani potessero riuscire a difendersi e perdurare, divenendo così loro intermediario e protettore.
Zeus non vide di buon occhio che l’essere umano acquisisse tali capacità e, come ci si può immaginare, a questo punto, cominciarono i guai di Prometeo.

Prometeo, la creazione dell’uomo

Schiavo morente Michelangelo con scimmia abbozzata
Michelangelo_Buonarroti.-scimmia-schiavo-morente

Michelangelo Buonarroti “Schiavo morente”

Nel disegno “Prometeo, creazione dell’uomo” (il primo in alto) mi è piaciuto simbolizzare la “condizione umana” in una specie di bambolotto, posto in basso, al centro della composizione. È un artefatto che emula la condizione infantile, che cerca di sembrare qualcos’altro dietro cui nascondersi, appunto una maschera, anch’essa un oggetto che simula un volto umano. Questa condizione di autorappresentazione allontana l’essere umano dalla sua natura, dunque all’ordine naturale dell’evoluzione, è una scimmia infatti a fare da base a una delle due estremità dell’arco in cui è organizzata la composizione. Questa idea mi è stata ispirata da una scultura di Michelangelo Buonarroti, che ho avuto modo di ammirare al Louvre diversi anni fa, lo “schiavo morente” (al lato).
Questo misterioso particolare della scultura di Michelangelo è emblematico della condizione umana e all’eterna domanda sulla questione della libertà.
In questo disegno che interpreta la creazione dell’uomo, ho voluto che la composizione principale contenesse in se, quasi come una frase, un mio flusso libero di pensieri. La scimmia fa da base a una figura maschile nella cui testa è contenuto il fuoco celeste, quella scintilla divina che rende gli umani “superiori” agli animali e dominatore della natura. Sulla calotta cranica fa capolino un ramo che si articola dalla figura antistante, una sorta di albero che assume forme di donna, da cui non nascono solo foglie e frutti, ma anche numeri, simboli e oggetti meccanici e tecnologici. Spesso ho pensato alle invenzioni umane come un prodotto non diretto della natura, in quanto in essa si trovano le materie prime, ma anche perché è attraverso l’osservazione e l’emulazione dei suoi caratteri intrinseci che l’essere umano formula le sue invenzioni, o ne replica la struttura. Per questo che ho voluto porre al centro una generosa sorgente in cui l’essere umano si specchia e si riconosce. Proprio dietro il proprio riflesso ho nascosto il serpente, figura emblematica della narrazione giudaico-cristiana, che ricorre anche nel disegno di cui parlo qui di seguito “Prometeo, affronto a Zeus” (a fianco).

Prometeo, affronto a Zeus

Cristiano Quagliozzi “Prometeo - affronto a Zeus”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 30 x 42. 864 euro
Cristiano Quagliozzi “Prometeo – affronto a Zeus”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 30 x 42.

In questo disegno ho voluto interpretare liberamente il mito, nell’episodio in cui si narra che gli uomini vollero fare una gran festa dopo aver catturato un grosso bue. Nel mito Zeus venendo a sapere dell’accaduto volle la sua parte del bue, durante un sacrificio rituale. Prometeo pose innanzi a Zeus l’animale diviso in due parti. In una parte mise le parti più grasse e succulente dell’animale, raccogliendoli nella pelle del ventre, più brutta e scarna, mentre raccolse le ossa sotto un invitante strato di grasso, che immancabilmente Zeus, credendo di fare la parte del leone, scelse, ingannato dall’aspetto.
Mi è piaciuto immaginare la percezione del mondo da parte degli uomini – sia ai tempi del mito, che ai nostri – come un luogo sconosciuto, ma in cui si soggiorna, proprio come dei bambini irrequieti possono percepire l’ufficio di un adulto, in assenza del quale, non ci vuole molto perché questi comincino a metterlo sotto sopra, tirandosi anche pericolosamente degli oggetti inevitabilmente sono destinati a distruggersi, come il telefono lanciato dalla bambina o il computer che capitola disastrosamente a terra. Al centro di questa “festa” è innaffiata una grossa pianta, l’albero della vita in cui il serpente forma con il suo corpo il simbolo dell’infinito. Si tratta dello stesso albero descritto nel disegno precedente “creazione dell’uomo” in cui si combinano e si ripetono gli stessi elementi simbolici. Sulla cima di quest’albero troneggia uno spaventapasseri, come una sorta di monito, ma inutile e debole per la sua funzione.
Il bue scorticato è ben riconoscibile nell’immagine incorniciata dietro al divano, non solo come citazione al mito, ma anche come rappresentazione di un futuro preoccupante. Fuori, dalla finestra spalancata si vede in lontananza un fungo atomico.
Tornando alla nostra leggenda: è facile aspettarsi che Zeus, una volta accortosi del raggiro, si infuriò decidendo di vendicarsi. Sarebbe stato sicuramente meglio per gli uomini lasciare che Zeus prendesse la parte migliore dell’animale, e soprattutto, non beffarsi del re di tutti gli dei. Per vendicarsi Zeus negò il fuoco agli uomini facendoli sprofondare nella miseria e nelle tenebre. Potremmo mai immaginarci una vita senza fuoco? Prometeo vide l’umanità ridursi alla rovina per via del suo intervento, e dovette immediatamente inventarsi qualcosa per rimediare, per non farla soccombere.

Prometeo, furto del fuoco

Cristiano Quagliozzi “Prometeo-furto del fuoco”, inchiostro su Carta nera. Roma 2015 cm 30 x 42. 864 euro
Cristiano Quagliozzi “Prometeo-furto del fuoco”, inchiostro su Carta nera. Roma 2015 cm 30 x 42.

Prometeo si introdusse di nascosto, con l’aiuto di Atena, nella fucina di Efesto (un’altra versione narra che si introdusse furtivamente sul carro di Elio) da dove rubò qualche favilla di fuoco con una torcia, dileguandosi poi per per portarla agli uomini.
Ho voluto interpretare questo frangente del mito del “Furto del fuoco agli dei” (nell’immagine a fianco) come se si trattasse di un gioco di prestigio da parte di un orango. Il primate si sottrae al controllo della natura e a sua volta ne prende il controllo, proprio come un illusionista elude i meccanismi della percezione per ingannare il suo pubblico.
Lo strano scimmione, che per me rappresenta l’uomo, divide in due parti la figura del suo aiutante Prometeo dentro una cassa magica, proprio come farebbe un mago con il suo aiutante, davanti a un pubblico agitato, in cui si riconoscono vari simboli dei disegni precedenti che incarnano dei personaggi.
A destra la stessa maschera che teneva in mano il bambolotto nel primo disegno è rivolta verso di noi invece che verso il palco, (ci invita o ci minaccia?), accanto a lui uno Zeus barbuto guarda verso destra, dove un’aquila cerca di fermare – o incita – un soldato che sta per sparare alla scimmia. Tra questi ultimi due personaggi si trova un vaso, che appartiene alla narrazione successiva: “Il vaso di Pandora”

Prometeo, il vaso di Pandora

Cristiano Quagliozzi “Il vaso di Pandora”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 30 x 42. 864 euro
Cristiano Quagliozzi “Il vaso di Pandora”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 30 x 42.

Sembra che per Prometeo inimicarsi Zeus sia stato uno dei passatempi preferiti, e a una lettura più attenta io ci trovo sempre qualcosa di comico. Prometeo, con suo fratello Epimeteo sono due titani che stanno ai greci come Stanlio e Ollio stanno al cinema del 900. Epimeteo combina disastri, e Prometeo cerca di rimediare peggiorando la situazione. Questo cliché è completato dalla figura di Pandora, la classica bambolona civettuola, curiosa e un po’ maliziosa che rappresenta (o interpreta) la prima donna. La leggenda narra che questa “Eva ellenica” fu un dono fatto da Zeus a Prometeo (e agli uomini), e che fosse il personaggio chiave di un piano ostile. Prometeo, vedendo suo fratello Epimeteo da subito innamorato perdutamente di Pandora, gliela cedette e lasciò che fosse lui a prenderla in moglie. Zeus quindi attuò il suo inganno, donò a Pandora un bellissimo vaso chiuso, ma a una condizione, ovvero di non aprirlo assolutamente e per nessuna ragione. Come ci si può aspettare, Pandora, rispettando fedelmente il copione, non seppe resistere alla sua curiosità e aprì il vaso da cui vennero fuori tutti i mali del mondo: le malattie, il dolore, la fatica, la sofferenza, la morte. Sul fondo restò la speranza.
Nel disegno che interpreta “Il vaso di Pandora” (a fianco) Ho voluto rappresentare Pandora come una Barbie, simbolo contemporaneo della visione maschilista della donna, stereotipo che tiene in una mano la maschera che ricorre nei disegni precedenti, e con l’altra scoperchia il vaso da cui esce un denso fumo che si mischia al fumo delle falliche ciminiere in giacca e cravatta, davanti alle quali discutono di affari due figuri. Produzione e inquinamento sono l’elemento principale di questo disegno, il cranio del bue con cui era stato ingannato Zeus, umiliando la sua immagine divina è poggiato su un terreno arido. L’essere umano, reso miope dalla sua stessa intelligenza, si dirige verso l’autodistruzione. La divinità che sembrava essere stata inevitabilmente sconfitta, dimostra che si trattava solo di un gioco di illusioni. L’essere umano fu privato dal suo Eden allo stesso modo in cui vi furono cacciati Adamo ed Eva, attraverso un inganno. Un inganno da parte di chi? Del serpente che incitò a prendere il frutto proibito, o del dio che aveva posto nel mezzo del giardino l’albero della vita, con la raccomandazione di non mangiarne i frutti? Il gioco dei simbolismi con cui queste allegorie si scambiano i ruoli sul palcoscenico dell’interpretazione trova in questo mito la loro sintesi nell’aquila.

Prometeo incatenato

Cristiano Quagliozzi. "Prometeo incatenato", Inchiostro su carta 30x42, 864euro. Roma 2015
Cristiano Quagliozzi “Prometeo incatenato”, inchiostro su Carta. Roma 2016 cm 30 x 42.

La leggenda narra che Zeus, stanco dei continui affronti di Prometeo decise di dargli una punizione esemplare, e definitiva.
Prometeo fu incatenato ad una roccia su una rupe ai confini della Terra. Ogni giorno un’aquila scendeva dal cielo a divoragli il fegato che ricresceva ogni notte.
Nell’ultimo disegno di questa serie “Prometeo incatenato” (a fianco) non mi sono risparmiato nel dare una rappresentazione eccessiva del rapporto tra potere e sudditanza. Tra Prometeo e l’aquila si svolge un vero e proprio rapporto sessuale, in cui il vaso stesso viene usato come arnese sadomaso, il coinvolgimento delle due figure è palese ed è accompagnato dal pianto delle Oceanine, in basso nel mare. L’aquila incarna il potere, dimostrando la falsità dell’illusione umana di avere sottomesso la natura, di sfuggire alle dinamiche di potere, e quindi il proprio destino.
Mi è piaciuto citare in questo ultimo disegno la performance “HHV” svolta con la scrittrice e performer Ilaria Palomba, presso il Forte San Gallo di Nettuno nel 2015. Nel disegno infatti è ben visibile la testa sorridente e mozzata del mio autoritratto, realizzata in argilla e parte di una scultura di zucchero e pan di spagna, servita al pubblico da Ilaria in occasione della suddetta performance, mentre un registratore declamava ad altissimo volume i suoi versi.
In questa performance l’artista – o meglio: la sua effige – incarnava la vittima sacrificale nel suo ruolo di dipendenza dalla società: il pubblico senza il quale l’artista non esisterebbe. Questa testa ride con follia rassegnata alla sua condizione intermedia tra senso e concretezza, tra intuizione e raziocinio, tra realtà e rappresentazione

Homo Homini Virus. Performance di Ilaria Palomba e cristiano Quagliozzi. Biennale d’arte Shingle22j 2018 Museo D’Arte Diffusa (Mad)
Homo Homini Virur. Performance realizzata con Ilaria Palomba presso il Forte San Gallo. Nettuno
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Endecameron 18

La maschera della Morte Rossa si aggira tra le mura del Castello di Rocca Sinibalda

Dall’1 al 7 Luglio 2018, presso il Castello di Rocca Sinibalda, in provincia di Rieti, si è svolta la residenza “Endecameron 18″, nata da un’idea di Enrico Pozzi, e realizzata con il contributo del Center for Digital Health Humanities e di Eikon Strategic Consulting. L’iniziativa, ispirata  al racconto di E. A. Poe “La Maschera della Morte Rossa” è stata un occasione di dialogo e confronto di dieci creativi, artisti, narratori, performer, rinchiusi nel Castello rinascimentale, i quali hanno affrontato vari temi di attualità, saggi e riflessioni proposte dagli organizzatori in un seminario mattudino, interpretandoli sotto forma di opere, sia plastiche che letterarie o azioni performative.

L’esito della residenza è stato il festival aperto al pubblico intitolato “La fine delle storie” che si è svolto in chiusura dell’iniziativa nella notte del 7 luglio, tra le 21:00 e le 24:00. In questa occasione il lavoro delle sette giornate è divenuta una performance collettiva della lotta ambigua tra la narrazione e esperienza partecipata.

I RECLUSI: Fabio della Ratta aka Biodpi, lo street-artist; Renato Cerisola, l’iconografo geologo; Marta Consoli aka Martapesta, la scultrice di cartapesta; Francesco Dimitri, scrittore; Francesca Fini, performer e body artist ; Giorgia Gioia, performer body artist; Luisa Pronzato, Giornalista; Cristiano Quagliozzi, artista visivo; Milena Scardigno, artista visiva; Marco Stancati, manager e comunicatore d’impresa che ha condotto l’iniziativa.

Il progetto è ststo ideato e diretto da Cristina Cenci ed Enrico Pozzi 

Sono intervenuti nei giorni della residenza Massimo Canevacci, Alessandra Fenizi, Emanuela Gatto, Michela Santoro e Vincenzo Padiglione 

Vademecum

1-7 luglio 2018
Serata conclusiva sabato 7 luglio 2018, ore 21-24
Castello di Rocca Sinibalda, Via del Castello 19, 02026 Rocca Sinibalda (RI)
Info
tel.: +39 06 44233634
e-mail: ufficiostampa.endecameron@gmail.com
info@castelloroccasinibalda.it
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Hashtag ufficiali #Endecameron18 #LaMorteRossa
Social Media Manager Michela Santoro

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Arte é Bellezza

Una residenza d’arte che si fa ponte tra tradizione, natura e tecnologia

Dal 18 al 20 Gennaio 2024 presso Galleria Viva – sede espositiva e promozionale dell’Associazione Culturale Premio Centro – in provincia di Viterbo, nell’antico borgo di Soriano nel Cimino, si è svolta la Residenza d’arte volta alla conoscenza e l’applicazione dei sistemi di digital art, patrocinato dal Ministero della Cultura e finanziato dall’Unione Europea, realizzato da Orpheo Group in collaborazione con l’Associazione Culturale Premio Centro, a cura di Paolo Berti, il quale ha incentrato il progetto sul tema “uomo/natura nel 21 secolo”.
Ospiti di questa residenza sono stati gli artisti: Luca Castelmezzano, Davide Castelmezzano, Ivo Cotani, Lorenzo Gramaccia, Antonio Mango e Cristiano Quagliozzi, che hanno affrontato, le tematica della residenza sperimentando nuove tecnologie in relazione ai mezzi convenzionali del disegno e della pittura. Infatti sono stati messi a loro disposizione, sia dispositivi digitali di ultimissima generazione, sia i materiali tradizionali come colori ad olio, pennelli, tele, cavalletti.
Gli artisti ospiti della residenza hanno realizzato ciascuno un’opera, secondo il proprio stile, la propria poetica e forme. Queste opere saranno esposte nelle tre mostre a cura di Paolo Berti:

Dal 13 al 28 aprile 2024
“ARTE E’ BELLEZZA. Le nuove frontiere dell’Arte”
Scuderie di Palazzo Chigi Albani
Soriano nel Cimino

Dal 1 al 9 giugno 2024
“ARTE E’ BELLEZZA – LA FORZA DEL PURO. Omaggio ad Alberini”
Sale del Comune di Orte
Orte

Dal 29 giugno al7 luglio 2024
“ARTE E’ BELLEZZA – L’ARTE E’ NATURA. Come nelle antiche botteghe – il colore rinascimentale”
Sale del Palazzo Comunale
Bolsena

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Un quadro in omaggio a tutte le mamme del mondo

Oggi voglio condividere questo quadro, che dipinsi tra il 2004 e il 2005, quando studiavo al secondo anno presso l’Accademia delle Belle Arti di Roma. Fu la prima volta che riuscii a ricavare qualcosa dalla pittura. Fino a questo momento tutti i miei tentativi su tela erano stati solo un susseguirsi di esperienze frustranti. il soggetto l’avevo scelto a caso in una rivista trovata nell’aula di pittura, una fotografia di una donna araba che tiene in braccio il suo bambino. La difficoltà nell’affrontare le mani incrociate della donna, rivelano la mia ingenuità ma anche un pizzico di coraggio nel voler portare comunque il quadro a compimento … scelsi di mascherarla facendo qualcosa tra l’indefinito e l’interpretato, in totale contrasto con il resto del quadro, ma che forse – vedendolo a distanza di tempo – non disturba nemmeno troppo, in fondo rappresenta con sincerità la padronanza della mia pittura in quel momento.
Fu esposto solo una volta in una mostra organizzata dentro un corniciaio nei pressi di Roma, mi sembra dalle parti di Lavinio o Anzio, a cui non so come capitai, poi lo regalai a mia zia Yvonne che lo onorò con una bellissima cornice. Oggi si trova a casa di mia madre che lo ha ereditato.

Madre con Bambino. Acrilico su tela cm 70 x 100. Roma 2005


Dedico questo quadro a tutte le madri del mondo, tutte colpite nelle madri che in questo momento stanno perdendo le loro figlie e i figli a causa della furia omicida della guerra. Non può esistere una guerra giusta, tutte sono basate su decisioni guidate dall’odio e dalla paura, ma soprattutto su interessi economici, che pretendono di essere giustificati dalla burocratizzazione di un sistema di accordi tra stati.
In ogni bomba che cade, in ogni persona che muore per via della guerra, c’è una parte di ogni essere umano che viene a mancare, e io questa parte di me che muore l’avverto ogni volta che sento notizie di stragi, di torture, di morte, e resto inerme davanti a una classe politica globale omicida, fratricida che fornisce armi in nome della pace.
Dedicare questo quadro non vuole essere una forma di protesta, di propaganda, o di pubblicità, ma la manifestazione della mia vicinanza a tutte le mamme del mondo che in questo momento stanno soffrendo la perdita dei propri figli.
Che il vostro amore possa presto irradiare in questo mondo la potenza dell’abbraccio che unisce ogni uomo e donna nel dono di essere figli di un’unica immensa fratellanza.

“la società è la risultante di quello che lei crede di essere e di quello che noi crediamo che sia. Possiamo cominciare a cambiare il mondo cambiando i nostri pensieri” Alejandro Jodorowsky

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Mostra collettiva “Verde Memoria”

A cura di Livia Galluzzi

Dal 16 al 17 dicembre 2023, si è svolta presso la Galleria Viva, a Soriano nel Cimino VT, la mostra collettiva di pittura “Verde Memoria”, a cura di Livia Galluzzi, in occasione del Festival dei Lumi che ha coinvolto gli artisti: Marco Crispano, Marco Casalvieri, Francesco Straface, Anastasia Norenko, Giulliano Sacchero, Cristiano Quagliozzi, Francesca Gallelli, Felice Ravagnoli, Pietro Gardoni, Luiza Elena Pintilie.

In occasione di questa mostra ho esposto un opera realizzata en plein air nel quartiere storico romano del tufello a olio su tela su una tela di cm 40 x 50

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“Autoritratto nello studio” vince il secondo premio del concorso: Premio Apollo Dionisiaco 2023

Sabato 2 Dicembre 2023, presso la Biblioteca Nazionale di Castro Pretorio, a Roma, si è tenuta la mostra collettiva in occasione della decima edizione del Premio Internazionale di Poesia e Arte Contemporanea Apollo dionisiaco. Una giornata all’insegna della poesia e dell’arte. Durante la cerimonia di premiazione sono state lette le poesie dei poeti partecipanti ed esposte le opere degli artisti tra cui la mia opera “Autoritratto nello studio” che si è aggiudicata il trofeo argenteo essendo stato classificato nella seconda posizione tra le opere partecipanti
A tutti i partecipanti al concorso sono stati consegnati gli attestati di partecipazione e di riconoscimento al merito, e la critica semiotica ed estetica dell’opera presentata scritta dalla Professoressa Fulvia Minetti.
Vincitori del concorso della sezione poesia: Giovanni Guaglianone (primo Premio), Alberto Lotti (secondo premio) e Loretta Stefoni (terzo premio). Nella sezione arte sono stati premiati: Roberto Nizzoli (primo premio), Cristiano Quagliozzi (secondo premio) e Fabrizio Nicoletti (terzo premio)
Sull’opera “Autoritratto nello studio” da professoressa Fulvia Minetti ha scritto “L’autoritratto del Quagliozzi è l’atto eroico del sapersi guardare dall’esterno, è lo sguardo profondo di elaborazione, che tenta di rifondere la molteplicità nell’unità, il familiare all’estraneo, la coscienza all’inconscio, per simulazione e dissimulazione ironica dell’io sorpreso. Allora il volo libero dell’arte è la dialettica dell’individuazione di rappresentazione e di verità, di tensione poietica e distensione estatica, del diurno e del notturno, della morte e della vita.”

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La Mostriciattola

“Salve, questa è la Mostriciattola, una mostra improvvisata, con filo e mollette, delle stampe dei miei disegni, realizzati a inchiostro su carta. Se ti piace una stampa in particolare vengono tutte dieci euro, o se hai curiosità su qualche disegno sono a tua disposizione, intanto buona visione!”. Così ho conosciuto gran parte del mio pubblico, cioè, gran parte di voi, per le strade di Roma, o di altre città.
La Mostriciattola nasce come mostra da viaggio, infatti entra tutta in uno zaino, non richiede lunghi tempi di allestimento e disallestimento, è leggera, e soprattutto è rivolta a tutti, ma proprio a tutti tutti!
Immagina che stai camminando per strada, da solo o in compagnia, e a un certo punto vedi un disegno, accanto un altro e così via… finché il passo non rallenta fino a fermarsi, e ripercorre il tragitto a ritroso, per osservare meglio i disegni che si sono visti pocanzi con poca attenzione, per guardarli meglio e scoprirne i particolari … e magari ti viene la voglia di portartene a casa uno!

In questo articolo voglio raccontarti, appunto, la storia della Mostriciattola.
Era il 2013 e, tra le tante opere, avevo realizzato una piccola serie di dodici disegni a inchiostro su carta, che tenevo in una cartella. Da tanti anni avevo il desiderio di viaggiare per il mondo con lo zaino in spalla, ma non avevo mai trovato il coraggio, né la motivazione giusta. A frenarmi più di tutto era il pensiero di dove avrei messo tutti i miei quadri. Poi a un certo punto tutto nella mia mente prese spontaneamente una forma molto chiara, quei dodici disegni che tenevo in una cartella erano la chiave, non avevo bisogno di altre opere che di quelle. Presi una decisione, di cui in parte mi pentii qualche anno dopo, ma che rese felici molte persone. Chiamai tutti i miei amici e affidai loro tutte le mie opere per prendersene cura, qualcuno li incorniciò, qualcuno me li ridiede qualche anno più tardi, altri ancora vollero acquistarli per tenerli, altri invece scoprii li vendettero alle aste o vari compratori, sicuramente perché avevano bisogno più di soldi che di arte.

Andai da un tipografo e feci stampare quei dodici disegni su una bella carta martellata e avoriata, li firmai tutti di mio pugno e li misi in uno zaino, con una tenda, un sacco a pelo, qualche cambio tecnico, filo e mollette … e mi misi in viaggio. Ricordo ancora il giorno in cui partii, avevo dato appuntamento la sera prima a pochi amici per “il saluto”, in un centro sociale di Roma che si chiama “Ex Lavanderia” che si trova in un ex manicomio: “Santa Maria della pietà”. Il giorno dopo li salutai e mi misi in viaggio.
Preso dall’entusiasmo camminai per ben 45 chilometri e giunsi in un paesino che si chiama Formello. Arrivato lì mi accorsi che avevo i piedi ridotti malissimo, e mi fermai lì un giorno di più, ospite di una struttura per pellegrini. Quel giorno feci la mia prima “Mostriciattola” a una festa in piazza in cui mi invitarono i ragazzi del posto che l’avevano organizzata. Andò alla grande!

La tenda montata sul terrazzo del manicomio. Roma 2013

Quel giorno, ispirato dal tragitto che avevo percorso il giorno prima, realizzai il disegno di un funambolo che percorre il filo che passa sopra un bosco pieno di tombe etrusche. Un disegno che anni dopo fu scambiato con il disegno di un grande artista, lo scenografo Carlo De Marino, il quale in cambio mi ha dato un suo bellissimo studio preparatorio di una scenografia realizzata per un film a New York.
Ricordo ancora che intorno a me mentre disegnavo in uno dei vicoli di Formello fui circondato da gatti, i quali mi fecero compagnia finché non si alzò un vento terribile e il cielo non si riempì di nuvole. Così, in attesa della festa, continuai il disegno in un bar.
Il giorno dopo mi rimisi in viaggio e continuai a “vagare” con la mia Mostriciattola per ben due mesi, arrivando fino a Pistoia. Poi tornai a Roma perché dovevo occuparmi della pubblicazione della raccolta monografica di miei disegni “Quando gli uomini non avevano le ali”. Mi piacerebbe molto scrivere più approfonditamente sia del viaggio a piedi ma divagherei troppo, come del libro, che fu l’ispirazione di ben tre edizioni di una rassegna che coinvolse più di quaranta artisti e che è consultabile su questo link.
Dunque tornai a Roma, e per sostenere le spese continuai a fare la mia Mostriciattola sia da solo in strada, In locali, in piccoli teatri, che in eventi di arte di strada a Roma e dintorni, dove conobbi tante persone meravigliose molte delle quali sono rimaste, fino a tutt’oggi, autentiche amicizie e proficue collaborazioni.
Ma la Mostriciattola, malgrado la sua semplicità, non passò inosservata, anzi cominciò ad essere ospitata anche in festival artistici di arte visiva e fu recensita più volte sui giornali. Alcune gallerie d’arte chiesero le opere originali per esporle e divennero di interesse anche per alcuni collezionisti.

Funambolo 2
Funambolo, Inchiostro su carta. Formello 2013

Di seguito qualche articolo di giornale:

Dopo il 2017, la Mostriciattola che ormai da quattro anni mi accompagnava ovunque, smisi di portarla sempre con me, per concentrarmi di più su altre cose, ma nell’ultimo anno, in me si è acceso di nuovo un vivo interesse, e la sto riproponendo, a volte insieme a mia moglie Milena, anche lei un artista, tra l’altro bravissima a fare le caricature. Le persone sono felicissime di incontrarci e noi di condividere con loro le nostre opere, e (perché no?), anche di lasciargli un bel ricordo.
Di seguito la galleria random di alcune Mostriciattole fatte negli anni:

Capranica 2013
Manziana, 2014
Carpineto, bar Il Vecchio Cinema. 2016
Carpineto Busker Fest 2015
Caffè letterario Mangiaparole. Roma 2013
Tivoli 2023
Scanzano . Festival “Teatro nel bicchiere” 2013
Castrovillari 2014
Malaga 2014
Castrovillari 2014
Salento 2017
Roma. Festival “Alice nel paese della Marranella” 2016
Granada 2014

Da qualche parte
Circeo 2015
Soriano nel Cimino 2015
Castello Savelli, Palombara 2023
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Intelligenze Artificiali

LXVII Premio B. Cascella 2023: Intelligenze Artificiali

Torna l’esposizione dei finalisti del Premio ‘Basilio Cascella’, dal 1955 uno dei Premi
d’Arte, Fotografia e Pittura, tra i più prestigiosi d’Italia la cui volontà è valorizzare l’arte
contemporanea e crearne uno snodo creativo e di riferimento, per esportarla in seguito
nella rete internazionale artistica.
Il tema della LXVII edizione 2023 è Intelligenze Artificiali, riferito alla disciplina che studia
se e in che modo si possano realizzare sistemi informatici intelligenti in grado di simulare
la capacità e il comportamento del pensiero umano.
Questa edizione è dedicata alla memoria di Pino Ferrucci e Antonio Finiello per ringraziarli
per il loro pr3ezioso contributo e ancor più preziosa amicizia.
Il vernissage si terrà il 7/10, mentre il finissage con premiazione è fissato al 18/11/2023 e
sarà parte della 19^ Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI. Negli altri giorni
l’esposizione si potrà visitare su prenotazione.
La qualità, la ricerca, l’innovazione e la contemporaneità sono stati i criteri fondamentali
della selezione. Sono stati selezionati 14 partecipanti di talento tra pittori e fotografi, le cui
opere sono già visionabili sul sito www.premiocascella.art.
Ad ogni singolo artista partecipante è stato chiesto di analizzare concetto di intelligenze
artificiali e di esprimerlo tramite pittura o fotografia, portando la propria personale
interpretazione del tema all’attenzione del pubblico.
Periodo: dal 7/10 al 18/11/2023
Inaugurazione: 7 ottobre 2023, ore 17.00
Premiazione: 18 novembre 2023, ore 17.00
Location: Spazio Atlantide, via Giudea, 25 – 66026, Ortona (CH)
Prenotazioni: +39 335 401 486
Autori:

  • Fotografia: Sebastiano Bianco, Elisa Crestani, Immacolata Giordano, Keren Liang,
    Mauro Pinotti, Paola Rizzi.
    Fuori Concorso: Michele Dolci, Annalisa Lenzi, Veronica Liuzzi, Klizio, Alessandro
    Passerini.
  • Pittura: Leonardo Baserni, Francesco Campese, Tedesco Mennato, Cristiano Quagliozzi,
    Cristina Ricatti, Camelia Rostom, Anna Maria Saviano, Alberto Zoina.
    Fuori Concorso: Maurizio Rapiti, Monica Seksich, Sara Vacchi, Luisa Valenzano.
  • Stampa Fine Art: Imagine Fine Art (Silvia Morgana Di Federico e Flavio De Innocentiis).

Catalogo Online https://premiocascella.art/news/lxvii-premio-basilio-cascella-2023-intelligenze-artificiali/

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INTRUSO – Canone – Classico – Contemporaneo

Lunedì 23 ottobre, in occasione della Rome Art Week, dalle ore 16.00, Spazio Placebo, centro polifunzionale deputato alla creazione artistica all’incontro, scambio e dialogo attraverso la promozione di attività culturali, si è inaugurata la mostra personale di Cristiano Quagliozzi, Intruso, Canone – Classico – Contemporaneo, a cura di Spazio Placebo e Spazio Neropolis a.p.s, con il supporto tecnico di Tanja Mattucci del team Weppart.
L’esposizione ha presentato al pubblico una selezione di lavori di Cristiano Quagliozzi volti a reinterpretare l’arte antica, in cui il soggetto diventa la base per lo stimolo espressivo e per una riflessione che abbraccia i vari ambiti della cultura.
“Nei miti si materializzano le emozioni, le arti, i sentimenti, gli stimoli percettivi, le relazioni sociali, e le qualità umane, immedesimando tanti ruoli, quanti sono gli attori che abitano l’Olimpo degli Déi e il mondo degli uomini. La pittura di Quagliozzi vuole essere una vera e propria intrusione, volta ad appropriarsi delle immagini del mondo appartenente all’epoca classica, infrangendone il canone con l’arbitrarietà dell’ispirazione personale, attraverso una pittura gestuale e di azione, che ne è elemento costitutivo”.

Campidoglio, Aula Giulio Cesare – Roma Lunedì 9 ottobre 2023. Conferenza stampa di presentazione dell’ottava edizione di Rome Art Week, la settimana dell’arte contemporanea.

Il 23 ottobre 2023, giorno di apertura della mostra, presso lo Spazio Placebo, sono intervenuti, per realizzare un incontro sul tema intitolato “Chi è l’intruso? Canone – Classico – Contemporaneo”: Iolanda la Carruba, direttrice della casa editrice Escamontage, moderatrice; Marco Stancati, comunicatore d’impresa, docente all’Università La Sapienza di Roma con l’Incipit proposto “C’è qualcosa di nuovo anzi d’antico …”; Fabrizio Vona, professore a contratto presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e regista, con una riflessione dal titolo “Il classico tra apollineo e dionisiaco, tra luce e oscurità”; Pasquale Roberto Vinella, appassionato cultore di storia patria e architettura medievale, autore del libro “Geremia Discanno. Il pittore di Pompei”; Mauro Marchione, avvocato, con un intervento dal titolo “Calco, copia, interpretazione, chi è l’autore? Ecco cosa dice la legge nell’era dell’intelligenza artificiale”; infine, i responsabili Weppart hanno presentato il rapporto creato tra arte fisica e arte digitale dalla piattaforma Weppart (wealth & private project art).

Da sinistra verso destra: Pasquale Roberto Vinella, Iolanda La Carruba, Mauro Marchione, Cristiano Quagliozzi, Marco Stancati, Daniel Falappa, Fabrizio Vona, Ida A. Vinella, Luigi Morra e Tanja Mattucci

Il concetto di Intrusione è stato investigato sotto molteplici aspetti, con approfondimenti e attività sperimentali, che hanno confluito nella formulazione di un evento corale nel giorno conclusivo della mostra, il 28 ottobre dalle ore 16.00. Infatti nei giorni seguenti gli spazi sono stati il fulcro di laboratori, riflessioni ed eventi: Dal 24 al 27 ottobre Spazio Placebo, dalle ore 10.00 alle ore 14.00, si è svolto un laboratorio di teatro dal titolo “Intrudere” condotto da Luigi Morra e Ida A. Vinella; il workshop è stato aperto a performer del teatro e della danza. Dalle ore 16.00 alle ore 22.00 lo spazio è mutato nell’atelier di pittura di Cristiano Quagliozzi che ha dipinto diverse opere in loco
Dal 24 al 27 ottobre parte della mostra è stata fruibile dalle ore 16.00 alle ore 20.00 presso lo spazio Neropolis_a.p.s, associazione di promozione culturale con l’obiettivo di diffondere cultura in tutte le sue forme, il videomaker Daniel Falappa, insieme a Elisabetta Mancusi e Valentina Bandera, hanno creato un’opera interattiva con il pubblico mettendo in relazione i due spazi, l’opera “Intarsio”: Il progetto vuole sfidare il tradizionale ruolo passivo dello spettatore di fronte all’arte, inizia canonicamente con un pittore di talento che realizza la sua opera, ma, attraverso l’uso sapiente del chroma key, gli spettatori si fonderanno con il mondo pittorico del maestro, diventando protagonisti dell’opera stessa.
Mercoledì 25 ottobre alle ore 19.00, l’autore di studi e approfondimenti legati alla storia e all’architettura medievale e ottocentesca, Pasquale Roberto Vinella, ha presentato il suo libro “Geremia Discanno. Il pittore di Pompei” (Editrice
Rotas, 2021), pittore della seconda metà dell’Ottocento che assunse per tutta la vita incarichi di copiatura e restauro delle opere d’arte tornate alla luce a Pompei.
Il 28 Ottobre in occasione dell’evento di finissage presso Spazio Placebo, è stato proiettata l’opera digitale intitolata “Intarsio” prodotta presso Neropolis – APS da Daniel Falappa, in collaborazione con Elisabetta Mancusi e Valentina Bandera.
Alle ore 20:00 si è tenuta la performance teatrale “Intrudere”, esito delle cinque giornate di laboratorio teatrale intensivo aperto a performer del teatro e della danza, tenuto da Luigi Morra e Ida A. Vinella, utilizzando strumenti e testi che attingono al classico e al contemporaneo.

Laboratorio teatrale “Intrudere” condotto da Luigi Morra e Ida A. Vinella presso Spazio Placebo
Copertina del libro “Geremia Discanno, il pittore di Pompei”, di Pasquale Roberto Vinella
Frame del video “Intarsio” realizzato da Daniel Falappa, Elisabetta Mancusi e Valentina Bandera presso Neropolis APS

Qualche foto dell’evento

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IL PAESAGGIO DENTRO

Il 19 Ottobre del 2023 presso il Foyer del teatro Vittoria, a Castrovillari, in Calabria, provincia di Cosenza, si è inaugurata la mostra personale dell’artista Cristiano Quagliozzi “Il Paesaggio Dentro” a cura di Mystica Calabria, la mostra è rimasta visitabile fino al 22 ottobre 2023.

Nel giorno dell’inaugurazione sono intervenuti gli organizzatori del Calabbria Teatro Festival, che ha ospitato la mostra, Rosy Perrotta, Mario Perrotta e Angela Micieli, Agnese Ferrante, Franco Pirrera e rappresentanti delle istituzioni e della cultura.


La mattina del 19 Ottobre Cristiano Quagliozzi ha condotto un laboratorio di pittura all’aria aperta rivolta ai ragazzi del Liceo Artistico Andrea Alfano, che hanno visitato la mostra e in seguito si sono confrontati con gli scorci dell’antico centro storico di Castrovillari.

“Il paesaggio vive nei nostri occhi e si estende da sotto i nostri piedi fino ai confini della percezione dei nostri sensi. La pittura è testimone e artefice di quella magia in cui il mondo “fuori di noi”, entra nel mondo “dentro di noi”, accogliendolo nella mente e nella memoria, insieme ai nostri ricordi, sogni e simboli.
In questa mostra, realizzata in occasione del Calabbria Teatro Festival sono presenti opere realizzate en plein air (all’aria aperta), in diversi luoghi molto diversi tra loro, dalla natura più incontaminata, ai piccoli borghi, alla grande città, con i suoi monumenti e le sue ville. Nella pittura en plein air l’artista imprime sulla tela l’essenza del paesaggio che si anima con il ritmo delle pennellate, la scelta estemporanea dei colori, più dettati dalla restituzione di una sensazione che dalla restituzione della realtà. Il pittore si confronta, oltre che con il proprio sguardo, anche con tutti gli altri organi di senso, restituendo i profumi, i rumori, gli incontri, i pensieri e soprattutto gli stati d’animo che prendono vita nel quadro.
Dipingere un paesaggio en plein air è una delle esperienze più immersive di dialogo con il mondo circostante e con sé stessi, attraverso la tecnica, che diventa un tutt’uno con le sensazioni e con i propri sentimenti.
Quando si guarda un paesaggio si può dire che si sta guardando attraverso gli occhi dell’anima del pittore, il suo sguardo interiore, in una conversazione intima fatta di meditazione e lavoro.In questa mostra, oltre ai paesaggi realizzati en plein air, ho voluto presentare anche un altro ciclo di opere, anch’esse legate al tema del paesaggio, i cosiddetti “Capricci”. Si tratta di disegni e dipinti in cui, attraverso l’utilizzo dell’invenzione e della memoria, si compongono “luoghi” che appartengono alla dimensione del sogno e dell’immaginazione, trasportando la percezione in una dimensione altra, fatta di simboli, similitudini, stati della mente. Attraverso queste opere che richiedono molti studi e bozzetti, cerco di restituire a me stesso e allo spettatore un mondo impossibile nel del quale si animano figure mitologiche, le quali si confrontano e mescolano con le influenze artistiche delle avanguardie storiche in completa libertà espressiva, creando cross over di stili e approcci.
Queste due tipologie di paesaggio, per quanto appartenenti a due generi diversi sono strettamente correlati tra di loro, la pittura dal vero infatti “insegna” al pittore la luce, il modo in cui questa si rifrange sugli oggetti nelle diverse ore del giorno o della notte, creando ombre e atmosfere in cui anche l’aria, con la sua densità, diventa una sfida per il pittore. Nei Capricci si entra nello studio dell’artista, e quindi nel suo luogo più intimo, in cui anche il paesaggio diviene un “attore” dell’opera, come può essere una scenografia per uno spettacolo, in cui si animano e prendono vita immagini appartenenti al proprio mondo interiore.”

“Il paesaggio dentro”: mimesi della realtà
di Ines Ferrante

L’artista Cristiano Quagliozzi con la personale “Il paesaggio dentro” si affida alle forze percettive e istintive per esplorare territori e paesaggi sempre nuovi. La sua espressione artistica si apre a inconsuete prospettive pittoriche attraverso opere realizzate all’aria aperta. Una pittura sensitiva che sostituisce all’oggettività della visione la soggettività del mondo interiore e onirico, filtrato dall’inconscio e dall’irrazionale. Che siano paesaggi campestri o marini, ruderi e vestigia del passato, scenari urbani, “Il paesaggio dentro” non è indagine critica del reale, non è culto della bellezza, bensì è proiettarsi lontano dal tempo e guardare oltre, violando qualsiasi orizzonte d’attesa. Attenta ai sogni, ai desideri, ai ricordi, ai simboli, all’istinto, l’arte di Cristiano Quagliozzi si esprime in una continua innovazione formale, attraverso l’uso marcato del colore, la deformazione delle figure, talvolta stravolgendo le proporzioni, accentuando i contrasti, mettendo in risalto o ingigantendo alcuni i dettagli e scomponendo gli ambienti. Egli si concentra sulla percezione, propone forme espressive che si muovono completamente libere nell’adozione di tecniche e di stili, in un’atmosfera artistica che quasi dissolve la consistenza fisica degli oggetti per riscoprirne il lato straordinario e meraviglioso, superando la distinzione tra sogno e veglia e arrivando a una forma di realtà e di esistenza superiori, immaginifiche, rappresentate proprio dall’impercettibilità dei loro confini, del mondo onirico e del mondo reale.

Ines Ferrante

Qualche foto dell’evento

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La Cina, tra arte, scuola e scambio culturale

La visione che avevo della Cina dal “nostro” lato del pianeta, era percepita dalla fessura stretta che si apre tra i prodotti di consumo a basso costo, accatastati sugli scaffali stracolmi, dei sempre più numerosi negozietti, al cui interno, ad accogliere l’avventore, c’è sempre del personale, che, con annoiato disinteresse, fornisce indicazioni incomprensibili, facendolo smarrire tra le strette corsie dei labirintici empori; il mio immaginario si confondeva tra le decorazioni eccessive dei ristorantini all you can eat, e la dicitura “Made in China” che si trova su gran parte delle etichette dei prodotti dozzinali delle multinazionali. La narrazione di un paese iperindustrializzato, con una politica commerciale aggressiva mi risultava infatti stridente con la narrazione anacronistica di tranquilli contadini e pescatori che praticano arti marziali e bevono té.

Ma sinceramente, per dirla con tutta onestà e in parole povere, a tutto ciò, non facevo nemmeno caso. Infatti queste contraddizioni, che lo si voglia o no, fanno ormai parte del nostro quotidiano, sappiamo che ovunque ci troviamo, se ci serve all’improvviso un qualsiasi prodotto, c’è sempre un emporio, gestito da un negoziante cinese, pronto a vendercelo a un prezzo vantaggioso, anche nei giorni festivi; o che se vogliamo mangiare qualcosa fuori senza spendere troppo, possiamo scegliere tra la pizzeria, il McDonald’s… e il ristorante cinese. Allo stesso modo accettiamo le illustrazioni dei paesaggi tradizionali cinesi di colline che si stagliano su un indistinto paesaggio nebbioso, le immagini in bianco e nero della rivoluzione di Mao, e fotografie di città ipertecnologiche dominate da insegne luminose e grattacieli, cose slegate e inconciliabili, ma allo stesso tempo a cui siamo involontariamente assuefatti.
Entrare in questo mondo è stato per me un’occasione di incontro con una realtà in cui tutte queste narrazioni non si sono rivelate false, ma che, cosa che ho trovato essere sorprendente, non sono in contraddizione tra loro.

Ho avuto modo di andare in Cina grazie all’ingaggio da parte dell’Accademia di Belle Arti, Villa Dèi Romani, per uno Scambio Culturale, nella città di Qingdao (una cittadina di ben 8 milioni di abitanti … contro i 35 milioni della “vicina” Pechino), presso l’International School of Qingdao (la scuola numero 6) dove ho tenuto, insieme a mia moglie Milena, un corso intensivo di nove giorni rivolto agli studenti della scuola superiore per il progetto di cooperazione sino-italiana, un’esperienza che non solo ci ha avvicinati a una cultura diversa, ma che ha sancito un legame profondo con questo paese facendoci scoprire inaspettate particolarità e stimolando nuove riflessioni.
La scuola numero sei è un enorme campus dove gli studenti vivono per tutto il periodo degli studi, con edifici avveneristici collegati da lunghi ponteggi e spazi architettonici disorientanti, come è disorientante tutta l’architettura di Qingdao, che in molti edifici ha mantenuto le caratteristiche nordeuropee, essendo stata una colonia della Germania, da cui ha ereditato la celebre birra Tsingtao, ma il suo panorama comprende anche infiniti, altissimi grattacieli, ed elementi decorativi tradizionali della cultura cinese come draghi e bassorilievi dorati.
Quello che salta subito all’occhio è la grande educazione e disciplina degli studenti, i cui elaborati rivelano una tecnica meticolosa del disegno e della pittura, che vengono applicate in modo accurato, con grande attenzione tecnica, negli studi di nature morte e paesaggi, tutti molto simili tra di loro, anche se realizzati da allievi differenti.
Questi aspetti, che ad un primo approccio possono sembrare omologanti, di meticolosità tecnica e disciplina, sono visibili in ogni aspetto della realtà quotidiana cinese che ho avuto modo di riscontrare nel mio viaggio. Tutto è pensato per dare a ogni cittadino uguali possibilità e opportunità, secondo le proprie capacità e predisposizioni, applicando abitudini che comprendono ogni singolo aspetto della vita quotidiana, anche il più apparentemente insignificante, cercando di eliminare ogni possibilità di “errore”. La percezione di un occidentale – soprattutto la nostra dell’area mediterranea – è che venga condizionata e compromessa la personale interpretazione della realtà, ma un occhio più attento, e l’esperienza diretta di questa società, rivelano che proprio nella collettività si trova un vero e proprio punto cardine di forza individuale, che può fare affidamento su una società coesa con regole affidabili. L’innovazione tecnologica, incredibilmente sviluppata, ha apportato un aiuto importante in questo carattere di vita comune che appartiene tanto al loro presente, quanto al loro passato, e che è disciplinato da un controllo istituzionale capillare.

Ciò si può riscontrare evidentemente proprio nella vita sociale prendendo in esame aspetti molto concreti: la piccola criminalità è stata quasi azzerata grazie al controllo da remoto di telecamere presenti in ogni angolo della città, come anche l’evasione fiscale: infatti non solo sono quasi caduti in disuso i soldi liquidi, ma anche le carte di credito, seppur presenti nei portafogli, sono state letteralmente soppiantate dalla app WeChat, il cui utilizzo – oltre ad essere una normale app per comunicare al pari di WhatsApp, e un social network dove si possono pubblicare post come ad esempio Facebook (vietato in Cina) – è usata anche e soprattutto per pagare negli esercizi commerciali e scambiare soldi tra privati, per ordinare al tavolo di un ristorante o il delivery, quest’ultima una delle attività più sviluppate nelle grandi metropoli, che sicuramente è anche degna di nota.
Per noi, che viviamo in una grande metropoli, non è difficile immaginare una città dove si sente continuamente il suono di clacson di automobili, mentre che queste siano ordinatissime e rispettose delle regole della strada in modo irreprensibile, si! Infatti proprio grazie al già citato sistema di sorveglianza capillare delle telecamere, capaci di controllare perfino se si indossa la cintura di sicurezza, è praticamente impossibile infrangere qualsiasi regola senza incorrere in una sanzione. Lo scrupoloso automobilista (ma anche il pedone) deve però confrontarsi con il fenomeno – appunto – del delivery: motorini elettrici sfrecciano a tutta velocità per la città senza alcuna regola, non solo si può vederli ad ogni incrocio passare con il rosso, ma anche viaggiare contromano su tangenziali e autostrade, e cosa ancora più curiosa, attraversare a tutta velocità sulle strisce pedonali o suonare sul marciapiede per far spostare i pedoni, i quali, abituati o rassegnati, senza affatto risentirsi, semplicemente gli fanno strada. Tutti ordinano il delivery, negli uffici, negli hotel e nella stessa scuola dove tenevamo il corso, si vedevano continuamente lavoratori più o meno giovani con il casco ancora in testa che lasciavano buste contenenti alimenti su tavoli e davanzali, prima di sfrecciare via, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
La proposta gastronomica nella città in confronto alla nostra, che è già abbondante, è addirittura bulimica, le strade della città sono piene di fast food, yogurterie, ristoranti e negozi, uno accanto all’altro, dove viene offerto ogni tipo di alimento. In ogni angolo di marciapiede si trovano piccoli tre ruote con ogni sorta di cibo locale, venditori di frutta e verdura adagiate a terra su teli e cassette: l’impressione è che la città offra continuamente cibo. Malgrado ciò, le abitudini alimentari sono molto sane, come si è molto attenti a tutte quelle abitudini che riguardano la salute e l’attività fisica, anche essa legata al rapporto con la collettività di cui ne è affascinante e meravigliosa espressione (molto diversa dalla alienante e ripetitiva dimensione delle palestre occidentali).

A tal proposito mi prendo la libertà di raccontare un altro aneddoto: dopo cena io e mia moglie avevamo preso l’abitudine di passeggiare nei curatissimi giardini che costeggiano le rive di un fiume artificiale che attraversa la città. Il fresco della sera finalmente prendeva il posto della densa e calda umidità dell’aria del giorno, e finalmente potevamo godere un po’ di meritato riposo dalle lezioni e dagli impegni, passeggiando per curiosare e digerire l’ottima cena (sfatiamo falsi miti: la cucina cinese è buonissima!). Proprio in questo orario come noi, anche i cittadini del quartiere animavano la città mostrandone caratteristiche del tutto inaspettate. Nelle piazze grandi gruppi che comprendevano bambini, giovani uomini e donne e persone avanzate negli anni – insomma persone di ogni età – si riunivano per fare ginnastica al suono della musica, correre ascoltando musica, danzare la musica popolare, il suono dei clacson finalmente veniva smorzato dalla musica. Finalmente la frenesia lasciava il posto all’armonia, al piacere di stare insieme, ma non solo con le chiacchiere e il sano bivacco, bensì e soprattutto con la condivisione della cosa più importante che ci appartiene, forse l’unica di cui abbiamo veramente la responsabilità e che merita più di tutto di cura, il proprio corpo, che non è un elemento isolato dal resto, ma si muove con gli altri corpi, all’unisono, con movimenti gentili e identici, divenendo espressione di sé stesso e della collettività.

Il corso intensivo di disegno, si è rivelato un’occasione di incontro di due impostazioni culturali diverse, che oltre ad avere fornito a me stimoli interessanti, mi ha dato la possibilità di condividere con gli allievi questo incontro tra civiltà che si guardano, mantenendo ognuno la propria forte identità: l’Occidente e l’Oriente. I nostri sono due mondi complementari in continuo dialogo, una conversazione che si snoda nei millenni e che trova in sé stessa nuovi stimoli che fecondano le diverse epoche, assumendo infinite forme nelle tante manifestazioni espressive dell’Eurasia, in cui antichissime radici si intrecciano come le sinapsi di una mente in continua riflessione, arterie di strade infinite che veicolano particelle di senso in continua trasformazione, da una costa all’altra, sulle montagne e sulle vallate, nelle scuole, nelle università, nelle accademie, nei libri, nelle transizioni dei mercanti e nei dialoghi degli ambasciatori, fino a proiettarci nello spazio. Tante piccole scintille di incontri, tra discipline, visioni del mondo, idee, ma soprattutto momenti, sguardi, dialogo, vita. Ho visto negli occhi di questi giovanissimi l’energia che muove un futuro di condivisione di cui l’arte è indispensabile promotrice e memoria. Ho visto gli occhi di una civiltà rivolti con curiosità e voglia di conoscere un’altra civiltà, trasportando tutta l’aula, con il suono delle matite che strusciavano sul foglio, con il sommesso chiacchiericcio e i rumori che venivano dalla strada, nello straordinario flusso del tempo di tutta l’umanità.