Formula una presentazione usando meno parole possibili
Sono Cristiano Quagliozzi: artista
Cosa fai?
Mi occupo di arti visive, soprattutto: pittura, disegno, incisione e a volte anche scultura
Come hai cominciato?
Ho cominciato a disegnare, come tutti, quando ero bambino, e ho continuato a farlo fino a oggi, e – immagino – per tutto il resto della mia vita.
Cosa ti ha spinto a farlo?
È stata una delle mie prime forme di comunicazione, come parlare, poi ho approfondito, come si fa per imparare a scrivere, e col tempo ho imparato a farlo sempre meglio. Un’evoluzione che continua ancora oggi
Perché lo fai?
L’arte è stata prima di tutto un modo per esprimere cose molto profonde che avevo dentro, a cui era difficile dare un nome: fondamentalmente si trattava dei miei disagi, avevo bisogno di guardarli e affrontarli…per molti anni, senza che me ne rendessi conto, è stato proprio questo.
Poi a un tratto mi sono accorto che avevo tirato fuori tutto quello che c’era da tirare fuori, che il bagaglio di ciò che prima mi opprimeva era diventata una risorsa, e soprattutto che l’esigenza di esprimermi con l’arte era rimasta, diventando altro, trasformandosi, ma non saprei definire bene in cosa, e credo questa sia una delle cose più affascinanti.
Come è avvenuto questo cambiamento?
Nella vita tutti affrontiamo delle difficoltà, disagi che ci costringono a sviluppare delle risorse, nel mio caso ho sviluppato la capacità di esprimere le emozioni che mi animano creando delle immagini.
Una volta che ho “fatto pace” con i miei turbamenti interiori, però, questa capacità che si era sviluppata mi è rimasta in eredità.
Ho capito che il primo strumento che ho a disposizione è “me stesso”, la mia interiorità, le mie emozioni e i miei sentimenti, e tutte quelle sensazioni che vengono restituite nella mia attività onirica. La dimensione “spirituale” è la cassa di risonanza che mi anima e che mi collega agli altri attraverso le mie opere, come una vibrazione; esse sono una finestra che mette in comunicazione mondi apparentemente separati, a volte opposti.
Le opere sono vettori che veicolano messaggi che raggiungono gli altri, a volte toccando emozioni e scatenando processi di pensieri, agendo quindi a livello profondo. La mia arte, anche in minima parte, modifica la realtà, dunque richiede responsabilità, inoltre è riduttivo limitarsi a esprimere il proprio malessere.
Compreso ciò si è aperto un nuovo ventaglio di possibilità, forse sconfinato. Ho scoperto nuove profondità, che toccano altre corde, e attingendo a piene mani dalla cultura popolare, alle allegorie e ai simboli di ogni epoca, ho cominciato a fare incontrare e dialogare cose tra loro lontanissime, scoprendole come parte di me e patrimonio di tutti.
Hai nominato più volte la parola “disagio”, a cosa ti riferisci?
Il disagio è una parte fondamentale della vita, oltre che le vicende personali, che variano da persona a persona, anche solo il fatto di esistere, di avere un’identità che si forma a contatto con un mondo sconosciuto, di cui per giunta non sappiamo nulla, comporta una serie di disagi, che sono anche all’interno del nostro organismo, che ha le sue necessità. Avere un corpo che provoca dolore e piacere, che è altro ma allo stesso tempo è se stessi, come lo è la percezione di sé, la propria corporatura, l’immagine del proprio volto…tutto comporta a suo modo disagio. Per non parlare di tutte le sovrastrutture sociali: regole e leggi che sono sempre e comunque invenzioni solo umane, certo logiche, ragionevoli, indispensabili per preservarci da disagio ben più serio, che avverrebbe in loro assenza.
Lo stato brado, la necessità di procacciarsi il cibo, doversi difendere dalle bestie feroci, sono disagi che hanno spinto l’essere umano al progresso, il quale, pur migliorando considerevolmente la qualità della vita, ha creato nuovi stati di disagio prima sconosciuti. Ma si aprirebbe un discorso troppo vasto, essenzialmente quello che voglio dire che il disagio è inevitabile, anche solo il fatto di non poter dare una spiegazione al fatto di esistere, che le cose intorno a noi esistano, che lo spazio è infinito, come il tempo, spesso mi crea un forte senso di smarrimento, sensazioni di nausea e sconforto…per quanto so che anche lo spazio e il tempo sono – sotto un certo aspetto – costrutti umani, che ci servono per orientarci, per misurare.
Se ne potrebbe parlare per ore, queste sono temi fondamentali che non si possono esaurire in una piccola intervista, intorno alle quali sono state concepite religioni e cosmogonie, da cui sono nate storie pazzesche, l’immaginazione umana si è spinta a creare mitologie totalmente visionarie, le quali si sono a loro volta riversate nella realtà, modificandola. Si pensi solo ai riti propiziatori che hanno scatenato guerre sanguinose, ai crociati che facevano viaggi incredibili per andare a riconquistare la “Terra Santa”, le incredibili architetture, opere magnifiche, realizzate in onore di santi e déi. Tutto ciò nasce dal disagio umano nei confronti dell’esistenza. Quando creo i miei disegni, io adesso entro in quel disagio, scoprendo tesori preziosi.
Per rispondere alla domanda, in sintesi: quello che è cambiato è la mia consapevolezza nei confronti di quel disagio, prima mi pesava perché lo legavo ai miei problemi personali, di cui i miei disegni erano in qualche modo espressione. Adesso quel disagio mi collega con la storia umana e le sue narrazioni, con la mia interiorità, quel luogo intimo dove incontro i sogni di ogni essere umano di ogni epoca.
Come lo fai?
Quello che faccio all’inizio è soprattutto curiosare sui libri, su internet e ovunque trovo storie che mi creano sensazioni interessanti, che mi ispirano, tra cui faccio collegamenti. Poi tutte le informazioni che trovo, e da cui sono particolarmente ispirato, diventano altro e perdo il filo, in quel momento inizia la parte più creativa. Faccio tanti bozzetti veloci, studi, utilizzando molte tecniche diverse, dalla semplice penna o matita passo all’inchiostro di china, o l’acquarello, e molte altre tecniche, anche unendole senza darmi un limite, usando anche il colore. Poi scrivo, scrivo molto, ma non saprei dire cosa, sono cose molto profonde ma che non saprei dire cosa siano…appunti. Piano piano in questo processo di trasformazione, che passa dalla lettura dei testi, alla stimolazione libera per immagini e frasi, nascono le idee, idee vaghe, che rimangono tali. Non voglio creare o veicolare un messaggio, anzi questo ucciderebbe la mia opera.
Mi è sempre piaciuto leggere, soprattutto racconti e romanzi surreali e visionari. Ma anche ascoltare gli aneddoti che sono stati tramandati fino ai nostri nonni, soprattutto in piccole realtà cittadine e piccoli paesi. Quelle storie e credenze popolari antichissime, in cui vengono assorbiti i cambiamenti di ogni epoca. Oltretutto attingo dai miti classici e dalle tradizioni popolari anche di aree geografiche lontane.
Che tecnica usi?
Una volta trovata l’idea, si definisce dentro di me un’immagine, che approfondisco sempre di più. Con il tempo ho capito che la tecnica con cui riesco ad esprimere meglio le sensazioni che ho dentro nell’opera definitiva è prevalentemente il disegno a tratteggio in bianco e nero, e che anche una goccia di colore snatura, per chissà quale ragione, la suggestione che cerco. Nei chiaroscuri che trovo con il tratteggio c’è quanto basta, credo anche una suggestione cromatica, ma senza colore.
Questa tecnica può essere usata anche su superfici di grandi dimensioni, come tele o pareti.
Specializzandomi sempre di più con il disegno a tratteggio ho scoperto che posso ottenere maggiori possibilità espressive mediante la tecnica dell’acquaforte, consentendomi la possibilità implementare più tecniche, come l’acquatinta, o la maniera allo zucchero.
Il risultato finale con l’incisione calcografica è molto più efficace del disegno su carta, e mi da anche la possibilità di creare delle tirature, seppur limitate.
Anche prima realizzavi le stampe dei tuoi disegni, cosa è cambiato?
Si tratta di una cosa molto diversa, che riguarda un periodo determinante per la mia carriera artistica, e della mia vita in generale. La prima serie di disegni a tratteggio risale al 2011. Avevo realizzato la prima decina di opere fatte in questo modo, e mi sembrava che funzionassero particolarmente bene confronto al resto della mia produzione, che era numerosa ma che affrontava in modo frammentario tante cose diverse, senza una linea definita: ritratti, paesaggi, astratti, opere di invenzione, con tante tecniche, insomma, confronto a questi disegni il resto si presentava fondamentalmente come ricerca, senza definirsi in qualcosa.
Per di più con questi nuovi disegni, mi riusciva di esprimermi particolarmente bene rispetto al resto della produzione, inventando con molta spontaneità e naturalezza. Quello che feci fu farli stampare da una tipografia su una bella carta, per cedere in cambio di un’offerta di pochi euro queste stampe nella “Mostriciattola”: una mostra improvvisata delle stampe dei miei disegni con filo e mollette, dove capitava. Con il tempo i disegni diventavano sempre di più fino a poter occupare un’intera strada, e la mostriciattola fu richiesta anche in festival e in situazioni più ufficiali. Uscì anche su diversi giornali. A casa delle persone ci sono migliaia di queste stampe.
Quelle che realizzo adesso sono stampe prodotte, artigianalmente, da me, attraverso il processo calcografico
La “grafica d’arte” è distinta dall’ordinaria produzione di stampe commerciali. L’artista svolge l’intero processo creativo, dallo studio dei soggetto fino alla realizzazione del disegno definitivo, in seguito incide l’opera su una lastra ricavandone la “matrice”, sulla quale, tramite accurati processi, in cui sono previste diverse prove di stampa, porta a compimento l’opera definitiva, che viene ri-prodotta mediante una tiratura limitata a un ristretto numero di copie dette “copie originali”, in quanto realizzate manualmente dall’artista stesso, tramite il processo di inchiostrazione e stampa
Come hai imparato?
Il mio percorso di studi è quello classico, dopo il liceo artistico, dove ho avuto la fortuna di avere ottimi insegnanti, mi sono iscritto all’Accademia delle Belle Arti di Roma, alla cattedra di Andrea Volo, anche lui un ottimo insegnante da cui ho appreso soprattutto la disciplina e il rigore.
In accademia ho avuto anche altri ottimi insegnanti, in particolare ricordo Nicola Strippoli, in arte Tarshito, da cui ho imparato ad ascoltarmi profondamente, a trovare il fulcro della mia creatività, che si trova nel proprio corpo, e che lo attraversa, prima di diventare idea, e poi creazione.
Riguardo l’incisione, sono stato allievo di Anna Romanello, da cui ho appreso la maggior parte tecniche grafiche e calcografiche, facendomi un’idea generale sull’incisione.
L’insegnante più importante, sia durante il periodo accademico che in seguito é stata Giovanna dalla Chiesa. Essendo una storica dell’arte non è stata di certo lei a insegnarmi le tecniche del disegno, ma da lei ho imparato cosa è il disegno, attività che non si limita alla capacità manuale.
La mia formazione non si è esaurita con gli anni accademici, infatti in seguito ho preso privatamente lezioni anche da altri insegnanti, in particolare per l’incisione sono stati determinanti gli insegnamenti di Usama Saad, che mi ha anche aiutato a organizzare il laboratorio, e Rita Morena, esperta della tecnica del bulino. Fondamentalmente quando incontro qualcuno che può insegnarmi qualcosa che mi interessa, gli chiedo di insegnarmela.
Ultimamente ho eletto un nuovo maestro da cui sto imparando altre cose importanti. Ma andremmo fuori tema…arriverà il tempo per parlarne o per scriverne in futuro.
Chiudo questa risposta aggiungendo che il maestro per eccellenza è soprattutto il tempo, il tanto lavoro, la costanza o se vuoi anche l’ostinazione.
Anche tu ti occupi di insegnamento
Mi piace restituire ciò che ho ricevuto, e che una volta assimilato si è trasformato in qualcosa di diverso, di personale, che posso trasmettere, e che porta l’allievo a trovare la propria espressività. Alcuni allievi sono portati verso un approccio più tecnico, qualcuno ha una tendenza all’astrazione, altri a una resa realistica della realtà; altri ancora sono attratti dalle tecniche pittoriche, altri dalle tecniche grafiche, o plastiche, o digitali, o più cose insieme, altri ancora mischiano tutto, trovando a volte qualcosa di completamente nuovo, non c’è limite alle possibilità espressive.
L’importante è sintonizzarsi sul “proprio canale”, trovare la propria lunghezza d’onda. Cerco il più possibile di limitarmi a fornire gli strumenti teorici e materiali, ma al di là di qualche dimostrazione pratica cerco di essere più discreto possibile, si tratta di un’avventura, che si fa insieme, si va insieme verso una meta, che non è la mia, raggiunta la quale devo essere pronto a farmi da parte, a dire “ora prosegui senza di me”. Non cerco mai di trattenere gli allievi, arriva un momento in cui devono andare, e la mia presenza sarebbe di troppo.
Cosa pensi dell’intelligenza artificiale?
Sono sempre stato interessato a tutti i media disponibili per esprimermi, sono poche le tecniche artistiche che non ho sperimentato, ho realizzato anche istallazioni e svolto azioni performative.
In ambito digitale o creato opere utilizzando software di pittura, progettazione, modellazione, e animazione; cimentandomi in opere che non avrei mai potuto realizzare in altro modo. La tecnologia e l’innovazione sono indispensabili in ogni epoca e tutto deve essere preso in considerazione.
Devo però ammettere che per quanto ho visto realizzare opere molto efficaci con i programmi di intelligenza artificiale, sento che è una cosa che al momento non mi interessa, che in qualche modo non mi riguarda. Preferisco stimolare la mia mente che un algoritmo.
Già che ne ho parlato, voglio aggiungere che avere approfondito le tecniche digitali, mi ha fatto apprezzare maggiormente le tecniche tradizionali, a cui sono tornato con più convinzione. Adesso uso i programmi digitali solo per lavori di impaginazione e grafica, per ritoccare delle foto e poche altre cose, se proprio necessario. Mi piace sporcarmi le mani.
Cosa ti aspetti dal futuro?
Il mio desiderio è di poter continuare ad occuparmi a tempo pieno alla mia arte. Non mi interessa diventare ricco o famoso, né fare mostre in luoghi prestigiosi. Per quanto queste cose siano viste dall’opinione comune come il successo con la “S” maiuscola, io le vedo solo come circostanze favorevoli, che certo non accoglierei con dispiacere, ma aspirare a ciò secondo me è controproducente e anzi uccide la creatività.
Il successo a cui aspiro (se si può chiamare così) è più privato, più riservato, è fatto di condivisione di pensieri, parole, testi, opere d’arte, di buona musica e di ciò che basta per vivere serenamente. Io sto bene quando mi trovo tra persone educate e cordiali, che sono animate dalla curiosità, dal desiderio di condivisione e conoscenza. Quando mi immergo in un libro e trovo ispirazione. Quando dimentico il tempo. Trovo preziose anche le tantissime ore di silenzio passate nel mio studio, a lavorare, quelli sono tra i miei momenti preferiti.
Le mie aspettative per il futuro sono fondamentalmente queste. Non mi pongo obbiettivi sociali né mete troppo lontane da raggiungere.
Nel tuo curriculum risultano numerose mostre. Come hai vissuto queste esperienze?
Mi sono sempre dato molto da fare, questo si, ma non mi sono mai interessato ai riconoscimenti, credo che si tratti di carattere. Ho partecipato a qualche concorso, che è indispensabile per far conoscere il proprio lavoro, per avere delle opportunità. Non ho vinto molti premi, ma quei pochi per me hanno avuto importanza, un po’ come una conferma e un incoraggiamento. Ho partecipato anche a diverse mostre, queste sono opportunità di condividere il mio lavoro e di presentarlo al pubblico, e mi auguro che continui così. Mi piace incontrare persone nuove.
La mostra più rappresentativa è stata sicuramente la mostra dedicata all’Arca, una grande opera di due metri per tre realizzata insieme a Milena, che attualmente è mia moglie. Quest’opera è stata esposta, in una mostra dedicata presso il museo di Roma in Trastevere nel 2019, una mostra che è stato il compimento di quattro anni di lavoro, di cui due impiegati per realizzare l’opera.
Di che si tratta?
L’opera “Arca” è una grande disegno realizzato a punta di matita, dal carattere visionario e surreale, alto due metri e largo tre, il cui soggetto è una grande nave, sulla quale sono rappresentati i ritratti (smorfiosi) di 191 persone realmente esistenti, le quali hanno acquistato una carta di imbarco per “salire a bordo” entrando a far parte dell’opera e sostenendone l’intero progetto. Io mi sono dedicato alla progettazione della nave, di cui ho disegnato ogni particolare, Milena al disegno dei ritratti e alla caratterizzazione dei soggetti, ovvero i protagonisti che animavano l’opera.
L’opera ha vinto il concorso indetto dalla Regione Lazio LazioCreativo, annoverandosi fra i 100 progetti migliori del Lazio del 2018, conquistandosi la prima posizione nella categoria Arte e fotografia, e aggiudicandosi il punteggio massimo della giuria. In seguito sull’opera è stata realizzata anche una pubblicazione monografica edita Ali Ribelli Edizioni.
Hai realizzato anche altri progetti con tua moglie?
Con mia moglie Milena abbiamo collaborato anche in altre occasioni tra cui: l’opera “Metamuseo“, realizzata in loco presso il Museo MACRO di Roma, da ottobre 2018 a dicembre 2019 in occasione del progetto Macro Asilo di Giorgio De Finis; l’opera “Metacastello“, realizzata durante la residenza d’artista Endecameron (edizione del 2018), presso il castello di Rocca Sinibalda; e l’opera “Loco-motiva” realizzata ed esposta presso Centre Culturel François Villon in occasione della mostra Simul ad Enghien_les-Bains (Parigi), l’opera è stata acquistata dal centro e ne arricchisce la collezione.
A cosa stai lavorando adesso?
Al momento, sia io che mia moglie, abbiamo entrambi ritrovato una grande passione per l’incisione, ma ognuno realizza le proprie opere. L’idea è di lavorare su tematiche affini, per esempio al momento abbiamo realizzato delle opere che prendono in considerazione il tempo: io ho realizzato 12 opere ad acquaforte che interpretano la simbologia, le storie popolari, le ricorrenze, e i simboli legati ai mesi, mentre lei ha realizzato una serie di linoleografie dedicate ai segni zodiacali.
Quando sarà possibile vedere queste opere?
Le opere saranno visibili in una mostra dedicata che inaugura Sabato 21 Settembre dalle ore 17:00 alle ore 21:00. La mostra, a cura di Penelope Filacchione si intitola “Matrici Temporali”si svolgerà presso ArtSharing Art Gallery a via Giulio Terra 54, in zona Monteverde a Roma.
Qualche informazione in più?
La mostra sarà visitabile dal martedì al sabato fino al 12 Ottobre, dalle ore 17:00 alle 20:00.
È possibile acquistare il biglietto on line?
L’ingresso è libero
Rimandiamo al comunicato stampa ufficiale (cliccando sull’immagine in basso)
Ho stimato te e Mila dalla prima volta
che vi ho conosciuti, tu sei un artista completo, bravo, grande, la più bella frase? “Mi piace sporcarmi le mani” e le tue opere sono oniriche fantastiche e il tuo tratto intenso, particolarmente accurato e incisivo è affascinante!
E Vi voglio anche bene! Tie’
Grazie per la tua stima, ma soprattutto per il tuo affetto. Il tuo messaggio ci incoraggia moltissimo, soprattutto perché sappiamo quanto piace anche a te “sporcarti le mani”. Un caro saluto!
Bella intervista, bravo Cristiano e brava Milena. Con umiltà condividi un credere nell’arte “pulito” e di grande rigore. Concetti sempre più difficili nel campo artistico, sia Teatro, pittura, musica. La mancanza di fondi, soprattutto, spesso sposta l’interesse schiacciando il reale scopo del fare arte da parte degli artisti.
Quindi, grazie per questa bella condivisione che ricorda anche quanto in fondo sia importante per sentirsi veramente bene, essere semplicemente sè stessi.
Roberta.
Grazie per il tuo commento Roberta. Purtroppo è proprio così: non è facile … ma noi ce la mettiamo tutta con spirito di avventura. Un caro saluto!